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Storia: L'introduzione del riso nella Pianura Padana risale alla seconda metà del XV secolo. Nel corso di oltre cinquecento anni la coltivazione di questo cereale è diventata una delle principali attività agricole di alcune zone delle province di Vercelli, Novara, Pavia, Alessandria e Biella. La coltivazione del riso ha profondamente ha modificato il paesaggio, gli insediamenti umani, l'organizzazione del territorio, la cultura, gli stili di vita, la società, la gastronomia e le abitudini alimentari di queste zone. Senza il riso non ci sarebbero state le mondine, senza il riso non esisterebbe il tipico paesaggio vercellese e novarese, con il cosiddetto "mare a quadretti". La tutela ed il sostegno di questa coltura riveste quindi un'importanza non solo economica, ma anche sociale, culturale e paesaggistica.
Nel corso dei 5 secoli di coltivazione in Italia della sottospecie "japonica" del riso (Orhyza sativa), sono state create alcune cultivar (o varietà) dalle caratteristiche particolarmente legate sia al clima e al territorio, sia alle cucine regionali, con una svariatissima gamma di piatti, che hanno fatto diventare il riso un alimento tipico italiano. La coltivazione del riso in Italia si è sviluppata in un territorio, la Pianura Padana, che presenta un ambiente dalle caratteristiche pedologiche e climatiche molto favorevoli al riso, pur situandosi alla latitudine nord più elevata in assoluto per questa pianta. Proprio questi aspetti climatici e pedologici attraverso i secoli hanno portato a selezionare le varietà di riso con caratteristiche precise, tanto che si può a buon diritto parlare di "riso italiano", per distinguerlo dai risi non soltanto di altre sottospecie, ma anche di quelli della sottospecie "japonica", prodotti in altri climi e condizioni. All'interno di questa tipologia di riso tipico italiano si possono identificare delle varietà consolidate dalla tradizione sia produttiva, sia gastronomica. Tali varietà sono comunemente dette (anche nei documenti e nelle statistiche ufficiali dell'Ente Nazionale Risi) "storiche".
Definizione: Il "Consorzio di Tutela e Valorizzazione delle Varietà Tipiche del Riso Italiano e delle Sue Tradizioni", ha individuato, nell'ambito della produzione di riso di qualità nella Pianura Padana, sei varietà "storiche" tra quelle ancora diffusamente coltivate. Queste varietà sono state individuate per le loro caratteristiche agronomiche, organolettiche e per tradizione di utilizzo in piatti e preparazioni tipiche delle cucine regionali italiane. Tutte queste varietà appartengono alla sottospecie Orhyza sativa japonica e sono: Arborio, Baldo, Balilla, Carnaroli, Sant'Andrea, Vialone Nano. La necessità di salvaguardare le varietà storiche è evidenziata dal fatto nel 1971, anno del loro massimo svilippo, esse rappresentavano il 57,86% della produzione nazionale di riso, mentre nel 1998 esse rappresentavano soltanto il 31,36% della produzione complessiva nazionale.
Riso Arborio
Questa varietà prende il nome dal paese omonimo in provincia di Vercelli, luogo di origine del Cardinale Mercurino Arborio di Gattinara, ministro di Filippo II di Spagna, celebre anche per aver introdotto la coltivazione del vitigno Nebbiolo o Spanna sulle colline Vercellesi.
I primi dati disponibili sulla coltivazione del riso Arborio risalgono al 1949, quando esso occupava una superficie di 1.000 ettari. Da allora è sempre stata una delle varietà più diffusamente coltivate in tutta la Pianura Padana (nel 1999 ne erano coltivati 6.046 ettari), particolarmente nelle zone argillose o in territori alluvionali medio-umidi nelle "sezioni" Ente Risi di Vercelli, Pavia, Novara e Codigoro. Il riso Arborio è una delle varietà tipiche che più facilmente si è adattata alle condizioni climatico-pedologiche della Pianura Padana ed è quindi una varietà presente in diverse cucine regionali, dal Piemonte, all'Emilia e al Veneto. Il riso Arborio è anche la varietà più adatta a piatti tipici regionali, sia minestre asciutte (risotto allo zafferano, risotto con la zucca, riso e "luganega") sia in brodo (minestrone alla genovese e minestrone alla milanese).
La tutela di questa varietà, in particolare per quanto riguarda la qualità della lavorazione e la sua commercializzazione in purezza, riveste particolare importanza in quanto in numerosi mercati esteri, Arborio è sinonimo di riso italiano di qualità.
Riso Baldo
Tra le varietà storiche del riso italiano, il Baldo è certamente la più recente. La sua coltivazione è in effetti iniziata qualche anno prima del 1966, anno a cui risalgono i primi dati certi di una diffusione significativa. La varietà Baldo, tuttavia, ha incontrato presto il favore dei risicultori, tanto che nel 1999 la superficie di risaia coltivata a Baldo raggiungeva in Pianura Padana gli 11.648 ettari. La rapida diffusione della varietà Baldo si deve anche al fatto che tale varietà si è rivelata estremamente interessante per la cucina, sia per il suo ottimo rapporto costo/qualità, sia per la sua grande versatilità e capacità di dare ottimi risultati nella preparazione di quasi tutti i piatti della tradizione italiana, sia nei risotti mantecati piemontesi e lombardi, sia in quelli cotti alla créole dell'Emilia e del Veneto, sia in piatti di altre regioni della penisola come il sartù, gli arancini, la tiella o le torte di riso alla toscana.
Riso Balilla
Questa varietà è la più antica tra le varietà "storiche" ancora coltivate nella pianura del Po (essa è spesso, ma erroneamente, chiamata anche "Originario", varietà scomparsa e sostituita dal Balilla, molto simile). I primi dati sul riso Balilla risalgono infatti al 1924. Già nel 1949 le risaie coltivate a Balilla occupavano una superficie di 2.749 ettari. Le caratteristiche organolettiche specifiche del riso Balilla, particolarmente interessanti per l'industria di trasformazione, hanno fatto sì che, malgrado la sua produttività sia inferiore rispetto ad altri tipi di riso, se ne sia continuata la coltivazione su superfici che rimangono rilevanti: 25.111 ettari nel 1999. Oltre all'impiego industriale (fiocchi di riso, riso soffiato, riso al latte), il riso Balilla in cucina è la varietà ideale per molti dolci tradizionali: torte, frittelle, budini. Tuttavia per molti decenni anche quasi tutti i risotti e le minestre di riso della tradizione popolare, dal Piemonte al Veneto, venivano preparati con il Balilla: dalla panissa o paniscia, al riso col nero di seppia, dal "riso e rane" ai "risi e bisi".
Riso Carnaroli
Oggi questa varietà rappresenta il riso italiano nel mondo, tantoché tutti i ristoranti che vogliono offrire ai propri clienti il vero "risotto" all'italiana, cercano di procurarsi un Carnaroli autentico.
Gli inizi della coltivazione del riso Carnaroli risalgono al secondo dopoguerra. Nel 1949, la varietà occupava 683 ettari ed era già apprezzata dagli intenditori. Tuttavia, a causa delle difficoltà che presenta la sua coltivazione (e di conseguenza anche per il suo costo elevato), il riso Carnaroli non ha mai conosciuto un grande sviluppo produttivo ed ha anzi rischiato di scomparire. Tuttavia le eccezionali qualità gastronomiche del Carnaroli, che lo rendono uno dei risi più apprezzati e ricercati al mondo, hanno evitato la sua scomparsa.
La superficie coltivata a Carnaroli raggiungeva nel 1999 i 3.583 ettari. Il riso Carnaroli è una delle varietà più bisognose di tutela, perchè insidiata da imitazioni, alterazioni e sostituzioni. In tavola rimane comunque inimitabile per risotti, insalate e timballi.
Riso S. Andrea
Le prime notizie sulla coltivazione del riso S. Andrea risalgono al 1966 (834 ettari coltivati). Tuttavia la varietà ha conosciuto il suo pieno sviluppo a partire dai primi anni '70 del secolo scorso, quando è stata seminata nelle risaie ricavate dalla bonifica delle baragge, situate nelle parte di Pianura Padana ai piedi delle Prealpi biellesi, vercellesi e novaresi e appena a nord della linea delle risorgive. Il riso S. Andrea si è rivelato particolarmente adatto ad ambientarsi in una zona più fredda e meno fertile rispetto ad altre parti della pianura. Il riso S. Andrea offre ai consumatori un riso estremamente adatto alla preparazione dei piatti tradizionali, specialmente le minestre piemontesi e lombarde, ed ha una sua autentica tipicità.
Riso Vialone Nano
Questa varietà è assai antica (le prime notizie risalgono alla fine degli anni trenta del Novecento). Tuttavia la sua coltivazione è uscita dai confini delle province di Mantova e Verona (488 ettari coltivati nel 1949), per adattarsi un po' a tutte le zone della Pianura Padana, soltanto nel corso degli anni '60 del Novecento. Il Vialone Nano è un riso semifino, ossia a chicco tondeggiante, simile a quello di molti risi comuni, ma ha nella sua genealogia una delle varietà, il celebre Vialone ormai scomparso, di più grande livello qualitativo tra i risi italiani, del quale conserva molte caratteristiche, che lo rendono un tipo di riso ideale per insalate e soprattutto risotti, in particolare quelli con il pesce o le verdure. Ciò ha portato ad un continuo aumento della sia della sua coltivazione (5.606 ettari coltivati nel 1999), sia del suo consumo, in particolare all'estero.
Metodiche di lavorazione: Il Consorzio di Tutela e Valorizzazione delle Varietà Tipiche di Riso e delle Sue Tradizioni ha redatto un regolamento sui metodi di coltivazione e di trasformazione da seguire per le varietà di riso tutelate. Tale regolamento prevede che venga seguito quanto prescritto dalla direttiva 2078 UE sull'agricoltura ecocompatibile, con drastica riduzione dell'uso di concimi chimici, pesticidi, fitofarmaci e diserbanti. Per quanto riguarda la trasformazione del risone in riso bianco edibile, il regolamento prevede che ciò avvenga mediante macchine artigianali, con le quali si ottiene una sbiancatura che, come è tradizione del riso italiano di qualità, conserva una parte del pericarpo con presenza di germe. Questo tipo di lavorazione è essenziale per definire la tipicità del prodotto, in quanto conserva nei chicchi le loro peculiari qualità organolettiche (profumo, sapore, tenuta di cottura, capacità di assorbimento di aromi e condimenti).
Zona di produzione:
La coltivazione, la lavorazione ed il confezionamento delle sei varietà di riso tipico della Pianura Padana (Arborio, Baldo, Balilla, Carnaroli, S. Andrea, Vialone Nano) devono avvenire nel bacino idrografico del fiume Po, nelle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia e Veneto. All'interno di questa vasta area sono tuttavia individuabili alcune zone, in cui le sei differenti varietà hanno maggiore diffusione. Queste zone, in ordine di importanza per ciascuna varietà sono:
I comuni della marca turistica territoriale "Po Confluenze Nord Ovest" del Parco del Po Torinese nei quali si coltiva il riso sono: Crescentino, Lamporo, Livorno Ferraris.
Ricette:
Tutela legislativa: I risi tradizionali della Pianura Padana (anche definiti "risi tradizionali della Valle del Po) sono classificati come "Prodotto agroalimentare tradizionale del Piemonte", ai sensi dell'art. 8 del D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173, del Decreto Ministeriale n. 350 dell'8 settembre 1999 e dell'Allegato alla Deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 16 aprile 2013, n. 51-5680.