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I sabbioni rappresentano una situazione ecologica in continuo mutamento, in quanto governate dall'andamento annuale delle portate del fiume. Durante il periodo di magra del Po (estivo e invernale) le isole possono essere colonizzate da piante annuali caratteristiche delle aree più calde della pianura quali paleo sottile (Vulpia myuros), poligono nodoso (Polygonum lapathifolium), il pepe d'acqua (Polygonum hydropiper), da ranuncoli tipici di ambienti sabbiosi con ristagno d'acqua, da piante stolonifere perenni che riescono a rimanere legate al suolo anche durante le piene del fiume. In genere in questi ambienti le piante erbacee vengono avvantaggiate per le loro minori esigenze biologiche, gli alberi incontrano maggiori difficoltà; solo alcuni salici riescono a sopravvivere anche sui sabbioni.
Le lanche, originate da un tratto di fiume abbandonato dal corso d'acqua, sono le aree ove il fiume durante le piene deposita grandi quantità di sostanza organica e di sali nutritizi e per questa ragione ospitano una ricca fauna sia di invertebrati sia di vertebrati, che vi trovano alimento e luoghi idonei per la riproduzione. L'ecosistema della lanca è sempre minacciato sia dagli apporti artificiali di materiale terroso per la creazione di nuovi terreni agricoli, sia dal naturale interramento dovuto al progressivo depositarsi di sostanza organica. In queste aree non esiste una corrente elevata, quindi le piante hanno sviluppato la capacità di radicare sul fondo mediante grosse radici e rizomi, si trovano qui il nannufaro (Nuphar sp.) e la ninfea (Nymphaea sp.). Situazione simile è presentata dal poligono acquatico (Polygonum amphibium) che presenta caratteristiche foglie a forma allungata adagiate sulla superficie dell'acqua dalla quale spunta la spiga fiorale. Il morso di rana (Hydrocharis morsus ranae) non radica invece sul fondo ma porta all'estremità inferiore del fusto ciuffi radicali che pescano direttamente nell'acqua; esso ama molto le acque limpide e ben ossigenate ed è caratterizzato da foglie reniformi che galleggiano sull'acqua tra le quali spuntano i delicati fiori bianchi con soli tre tepali. La piccola felce galleggiante salvinia o erba pesce (Salvinia natans) presenta le foglioline a verticilli di tre, delle quali la terza si è trasformata in filamenti radicali ed è immersa nell'acqua dalla quale assume le sostanze minerali disciolte.
Il canneto è costituito da piante erbacee che radicano sul fondale subito a ridosso della sponda di zone umide come lanche, paludi e stagni dove domina la mazzasorda (Thypha latifolia), con un sottobosco di felce d'acqua. Diffusa è anche la cannuccia di palude (Phragmites australis), i cui fusti danno sostegno alla nidificazione di molti uccelli strettamente legati a questo ambiente. Alle spalle del canneto si estende una fascia costituita da salici con portamento arbustivo; in questa fascia il suolo è impregnato d'acqua nei periodi primaverile ed estivo e vi cresce in particolare il salice cinereo (Salix cinerea). Forse a causa di queste particolari oscillazioni d'acqua la vegetazione naturale è stata recentemente invasa da un arbusto infestante, l'indaco bastardo (Amorpha fruticosa), leguminosa americana.
I canali utilizzati per l'irrigazione che si gettano nel Po ospitano un particolare tipo di vegetazione acquatica adattata a vivere in acque con corrente accentuata, radicanti sul fondo, e per lo più interamente sommerse quali quelle del genere Potamogeton (brasche). L'adattamento di queste piante alla vita acquatica è tale che l'impollinazione avviene attraverso l'acqua. I ranuncoli acquatici (Ranunculus fluitans e Ranunculus trichophyllus) presentano degli adattamenti particolari delle foglie mediane e basali sommerse che risultano trasformate in lunghe e fini lacinie che resistono alla continua azione della corrente. Fra le specie che popolano questi ambienti vi sono anche piccolissime piante ridotte a dimensioni di pochi millimetri: le lenticchie d'acqua (Lemna sp., Spirodela sp., Wolffia sp.); la radichetta di queste piante non si abbarbica sul fondo, ed esse si lasciano trasportare sul pelo dell'acqua. Vi sono anche piccole felci acquatiche come azolla (Azolla sp.), che con le sue piccole foglioline embricate può ricoprire interamente una superficie d'acqua libera.
Nei gerbidi l'acqua invece di essere abbondante è praticamente assente; questi ambienti sono presenti in prossimità dei grandi fiumi in corrispondenza dei terrazzi con suoli molto ghiaiosi e permeabili, dove l'acqua può giungere solamente nel caso di piene di straordinaria portata. In questa situazione le specie arboree igrofile riescono ancora a sopravvivere grazie alla profonda radicazione che permette loro di pescare dalla falda in profondità. Le specie erbacee invece si trovano in condizioni di particolare siccità; si possono trovare ampie radure dove domina l'euphorbia cipressina (Euphorbia cyparissias), che si difende bene dalla siccità grazie ai vivaci rizomi. Si diffondono inoltre le carici, tra le quali la carice lustra (Carex liparocarpos), grazie ai loro sottili e lunghissimi rizomi. Le Liliacee come il muscari azzurro (Muscari botryoides) e il cipollaccio (Leopoldia comosa) sono favorite dal portamento a bulbo che permette loro nella stagione primaverile, quando il clima è più umido, di fiorire. E' diffuso l'asparago selvatico (Asparagus officinalis) che presenta lunghi rizomi a grande profondità e foglie particolarmente trasformate tanto da essere ridotte a corti filamenti che impediscono una eccessiva traspirazione della pianta. Questi ambienti possono ospitare alcune specie di orchidee tra cui l'orchide minore (Anacamptys morio) e l'orchide cimicina (Anacamptys coriophora) che fioriscono in primavera da aprile a maggio.
Le sponde del Po sono popolate da alberi quali salice bianco (Salix alba) e pioppo bianco (Populus alba) che contribuiscono al consolidamento delle sponde messe a rischio dalle piene primaverili. All'ombra delle grandi chiome si può sviluppare una interessante flora: Salcerella (Lythrum salicaria), scagliola palustre (Typhoides arundinacea), carice pendula (Carex pendula), Agrostis stolonifera che ricopre interamente estesi lembi del sottobosco. Accanto a specie della nostra flora (autoctone) compaiono anche molte specie esotichetra cui si ricordano buddleia (Buddleja davidii) originaria della Cina il cui nettare dei fiori è molto appetito dalle farfalle, topinambour (Helianthus tuberosus), specie esotica proveniente dall'America le cui radici sono commestibili e molto apprezzate, e il senecio sudafricano (Senecio inaequidens).
I boschi igrofili di ontano nero (Alnus glutinosa), detti anche ontaneti, in Piemonte sono ormai rappresentati da rare e poco estese formazioni risparmiate alle bonifiche, relegati a piccoli nuclei o presenze lineari in corrispondenza dei corsi d'acqua principali, delle zone umide o delle incisioni di versante, talora con singoli individui radicati negli impluvi. Fra le specie più frequenti del sottobosco si trova sambuco nero (Sambucus nigra), rovo bluastro (Rubus caesius), edera (Hedera helix), podagraria (Aegopodium podagraria), dulcamara (Solanum dulcamara), felce femmina (Athyrium filix-foemina), elleboro verde (Helleborus viridis). Si tratta di ambienti in mediocre stato di conservazione, nei quali sono abbondanti gli ingressi delle specie degli ambienti limitrofi a causa della degradazione indotta dall'invecchiamento con il crollo delle ceppaie che aprono alla luce aree facilmente invase da specie nitrofile o dalla robinia e attualmente minacciati dalla riduzione dell'umidità e dell'abbassamento delle falde acquifere.
Il bosco misto di pianura si instaura nelle aree oltre il limite raggiunto dalle massime piene periodiche del fiume alla cui costruzione partecipano soprattutto l'olmo (Ulmus minor) e, poco più distante dall'acqua, la farnia (Quercus robur). Gran parte di queste aree sono state disboscate ed utilizzate a fini agricoli. Nello strato arboreo sono presenti anche pioppo nero (Populus nigra) e robinia (Robinia pseudoacacia), una specie esotica americana giunta in Europa nel '700, mentre nello strato arbustivo incontriamo spesso sambuco nero (Sambucus nigra), sanguinello (Cornus sanguinea) e biancospino (Crataegus monogyna). Lungo il Po ne restano solo pochi lembi frammentari che risultano oltretutto molto impoveriti dal punto di vista sia floristico sia strutturale. I problemi di conservazione sono legati alla presenza massiccia di Robinia pseudoacacia e alla forte regressione di Ulmus minor a causa della malattia detta grafiosi dell'olmo che colpisce generalmente le piante che oltrepassano la soglia dei dieci anni.
Il querco-carpineto è presente nella pianura ma soprattutto nei rilievi collinari interni.E' una formazione forestale in cui si ritrovano principalmente farnia (Quercus robur), rovere (Quercus petraea), roverella (Quercus pubescens) e carpino bianco (Carpinus betulus). Nelle zone più umide come gli impluvi, nel sottobosco prevalgono le specie erbacee come fegatella (Hepatica nobilis), primula (Primula vulgaris), Salvia glutinosa,mentre nelle aree più calde sono diffusi elementi come orniello (Fraxinus ornus), ciavardello (Sorbus torminalis), corniolo (Cornus mas), e specie erbacee come carice flaccida (Carex flacca) e erba betonica (Stachys officinalis).In generale i querco-carpineti occupavano un tempo superfici decisamente maggiori delleattuali, e sono state in gran parte sostituiti in collina dal castagneto e dal robinieto a seguito del forte sfruttamento oppure dalle coltivazioni a seguito del disboscamento, soprattutto in pianura. Anche le utilizzazioni forestali irrazionali possono facilmente ridurre o degradare ulteriormente questo habitat per cui occorre vigilare con attenzione sulla sostenibilità degli interventi selvicolturali. Un problema rilevante nei riguardi della conservazione dei querco-carpineti è legato al susseguirsi, in particolare nell'ultimo decennio, di estati particolarmente calde e/o siccitose che mettono in pericolo soprattutto le querce adulte; il carpino bianco e l'orniello paiono essere invece molto più resistenti agli stress meteo-climatici.
Le faggete, o più spesso faggi isolati, sono situati a quote particolarmente basse nella Collina torinese e le popolazioni sono disgiunte da quelle dell'areale alpino. Infatti il faggio (Fagus sylvatica) rappresenta nelle colline centrali piemontesi un relitto postglaciale, rifugiatosi nelle pendici più fresche a seguito del miglioramento climatico dopo l'ultima era glaciale. La tendenza attuale al riscaldamento del clima potrebbe essere critica per questi popolamenti relitti. La presenza sporadica del faggio è ancora molto diffusa, ma fortemente minacciata anche dalla gestione a ceduo che tende a favorire le specie come il castagno (Castanea sativa) e la robinia. Il faggio è quasi sempre accompagnato da castagno e rovere (Quercus petraea), oltre che da altre specie quali carpino bianco (Carpinus betulus), acero campestre (Acer campestre), acero di monte (Acer pseudoplatanus), frassino maggiore (Fraxinus excelsior) e sporadicamente tiglio (Tilia cordata). Nel sottobosco compaiono specie tipiche quali Physospermum cornubiense, ombrellifera ampiamente diffusa nel sottobosco delle faggete collinari, geranio nodoso (Geranium nodosum), lattuga montana (Prenanthes purpurea) e fior di stecco (Daphne mezereum), tipici invece delle faggete alpine.
Le cerrete, altrimenti dette boschi di cerro (Quercus cerris), in Piemonte sono decisamente poco diffuse a dispetto delle potenzialità di questa specie, che risulta comunque presente sporadicamente in altre formazioni forestali. Il cerro è l'unica, fra tutte le querce presenti nelle aree protette del Po piemontese, che sembra non risentire della carenza idrica ed è potenzialmente quindi considerabile specie in espansione anche in considerazione del fatto che occupa attualmente superfici inferiori al proprio areale potenziale, e questo anche a causa della selezione negativa operata in passato dall'uomo per il minore valore del legname e per le ghiande non commestibili rispetto alle altre querce. Nelle cerrete, al cerro si associano alcuni arbusti caratteristici come scotano (Cotinus coggygria), biancospino (Crataegus oxyacantha), pungitopo (Ruscus aculeatus), cornetta dondolina (Emerus major), rosa cavallina (Rosa arvensis), citiso peloso (Chamaecytisus hyrsutus). Vale fare un discorso a parte per la cerrosughera (Quercus crenata) che è ritenuta un ibrido tra cerro e quercia da sughero (Quercus suber); in tutto il Piemonte si contano solo una cinquantina di rari esemplari isolati che non producono ghiande fertili e quindi non possono dare origine a nuove piante.
I castagneti, essendo formazioni arboree di origine antropica e a struttura semplificata, non presentano valori naturalistici particolari. Il castagno (Castanea sativa) in collina fu ampiamente diffuso dall'uomo anche al di fuori delle stazioni ecologicamente più idonee, prima per il frutto, poi a partire dal '700 soprattutto per produrre paleria e assortimenti per usi agricoli. L'evoluzione di un castagneto tende nella maggioranza dei casi alla ricostituzione delle formazioni più stabili e tipiche come querco-carpineto, faggeta o cerreta.
Le praterie magre da fieno di pianura e collinasono ambienti seminaturali sempre più rari e si possono mantenere esclusivamente attraverso interventi di sfalcio, essendo la vegetazione potenziale rappresentata da formazioni arboree. Anche la concimazione è decisiva in tal senso. In sua assenza, anche assicurando regolari falciature, si svilupperebbero altri tipi di prateria a seconda delle caratteristiche dei diversi siti. Il loro abbandono conduce molto presto a fasi di incespugliamento. Tra le numerose specie erbacee caratteristiche troviamo soprattutto avena altissima (Arrhenatherum elatius) e quindi Crepis biennis, Knautia arvensis, Tragopogon pratensis, Daucus carota, Leucanthemum vulgare, Alopecurus pratensis, Linum bienne, a cui si accompagnano, tra le altre, Colchicum autumnale, Dactylis glomerata, Poa pratensis, Filipendula vulgaris, Holcus lanatus, Myosotis sylvatica, Phleum pratense, Rumex acetosa, Achillea millefolium, Anthoxanthum odoratum, Bromus hordeaceus, Centaurea nigrescens, Galium mollugo, Lathyrus pratensis, Lolium perenne, Lotus corniculatus, Lychnis flos-cuculi, Pastinaca sativa, Picris hieracioides, Poa trivialis, Ranunculus bulbosus, Rhinanthus alectorolophus, Taraxacum officinale, Trifolium pratense, Trifolium repens, Vicia sepium, Salvia pratensis, Plantago lanceolata, Ranunculus acris, Galium verum, Prunella vulgaris, Heracleum sphondylium. In pianura e a fondovalle l'ingresso di specie alloctone è molto più probabile che in montagna e quindi assai frequente. Tra le specie diffuse nelle praterie si segnala spesso la ormai diffusissima cespica annua (Erigeron annuus), originaria del nord America.
Approfondimenti: USGS