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Per specie aliena si intende una specie trasportata dall'uomo, in maniera volontaria o accidentale, al di fuori della sua area di origine. Nella definizione riconosciuta a livello internazionale, stabilita nell'ambito della Convenzione della Biodiversità e ripresa dal Regolamento Eu 1143/14, sono inclusi i semi, i propaguli - il propagulo è un elemento di piante, funghi o batteri capace di svilupparsi separatamente per dare vita a un nuovo organismo identico a quello da cui deriva -, le uova, ma anche le razze e le varietà delle specie in grado di sopravvivere e di riprodursi. Per indicarle sono comunemente utilizzati anche dei sinonimi: esotiche, alloctone, introdotte, non-native, non-indigene; al contrario, una specie presente nella sua area di origine è definita autoctona o nativa o indigena.
Non tutte le specie aliene sono invasive, lo sono solo quelle che nell'area di introduzione trovano le condizioni ottimali per riprodursi e diffondersi minacciando la biodiversità e i servizi ecosistemici ad essa collegati e causando di conseguenza danni ecologici, economici e sanitari: queste specie vengono convenzionalmente definite con la sigla I.A.S. (Invasive Alien Species).
Spesso le I.A.S. generano fenomeni di competizione con le specie originarie, trasmettono elementi patogeni, danneggiano la vegetazione naturale e le colture agricole. In generale si può dire che la diffusione delle specie esotiche è una dei motivi principali della diminuzione della biodiversità e dell'integrità delle comunità naturali.
In Europa sono presenti circa 12.000 specie esotiche, delle quali approssimativamente il 10-15% è ritenuto invasivo, cioè in grado di propagarsi sul territorio. Per questa ragione è stato emanato il Regolamento UE 1143/2014 del 22 ottobre 2014 rivolto proprio alla prevenzione e alla gestione delle specie esotiche invasive. In seguito al suo recepimento, attuato con Decreto Legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, anche in Italia sono stati predisposti appositi piani di intervento per controllarle o eradicarle.
Da sempre l'uomo ha voluto modificare la composizione del suo ambiente di prossimità per i motivi più diversi, venatori, alieutici, estetici, di ricerca, quindi, anche nelle Aree protette del Po piemontese sono presenti alcune specie aliene e di conseguenza sono state attivate azioni di contrasto alla loro diffusione, soprattutto per alcune specie animali particolarmente impattanti come quelle che seguono.
Lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) è stato introdotto nel 1948 in Piemonte quando furono liberate a Candiolo (TO) due coppie provenienti dal Nordamerica, area dalla quale ha origine. Da allora la specie è in decisa espansione e interessa anche le province di Vercelli e Alessandria. Lo scoiattolo grigio provoca un elevato impatto sull'ecosistema e sulle attività agricole, con danni ai pioppeti e alle colture di cereali in genere. In particolare, entra in competizione con lo scoiattolo rosso autoctono (Sciurus vulgaris) il cui spazio vitale è per contro in progressiva riduzione.
La competizione sembra avvenire soprattutto a livello alimentare, riuscendo, il grigio, a cibarsi di semi indigeribili per lo scoiattolo rosso. Inoltre, lo scoiattolo grigio, essendo spiccatamente terricolo, è in grado di trovare e consumare le dispense di semi immagazzinate nella lettiera dallo scoiattolo nativo privandolo di una risorsa vitale durante dei mesi invernali.
L'ibis sacro è originario dell'Africa dove è presente dalla Mauritania al Sud Africa. È giunto negli ambienti naturali d'Europa a causa della fuga di alcuni individui da giardini zoologici. Animali sociali formano grandi gruppi, sono onnivori e trovano il cibo in prati, coltivi e perfino discariche. Si nutrono principalmente di invertebrati, ma anche di anfibi, pesci e rettili, inoltre, sono acclarate predazioni alle uova e ai nidiacei di una ventina di specie d'uccelli tra le quali la marzaiola (Anas quequedula), l'airone guardabuoi (Bubulcus ibis), la sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides) e il cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus). Assumono la maggior quantità di cibo scandagliando il terreno con il becco a vari livelli di profondità. Si muovono in gruppi numerosi e il calpestio massivo causa danni alle coltivazioni, soprattutto di riso.
La loro presenza è anche un problema per varie specie di aironi ai quali contendono i siti di nidificazione, soprattutto in aree ad agricoltura intensiva dove le zone boscate idonee all'insediamento sono limitate.
Per costruire i nidi, talora grandi piattaforme che contengono molti nidi, usano anche rametti che staccano direttamente dagli alberi. Nelle aree protette del Po Piemontese è stato osservato che la costruzione di più nidi sullo stesso albero, per un periodo prolungato che può protrarsi fino a tarda estate, e l'utilizzo di rami strappati sono comportamenti portano la pianta ospite a uno stato di sofferenza e, talvolta, alla morte; ne soffrono in particolare le farnie (Quercus robur).
Dal 2007 la specie ha iniziato a nidificare in alcune garzaie delle Aree protette del Po piemontese ed è in continua espansione con almeno 100 nidi stimati nella stagione riproduttiva 2022. Nell'autunno 2019, nelle quattro province di maggior presenza degli ibis in Italia, Alessandria, Novara, Vercelli e Pavia, sono stati conteggiati nei dormitori oltre 10.000 individui.
La vespa asiatica o calabrone asiatico (Vespa velutina) è sempre più diffusa in Italia e inizia a essere presente anche sul territorio piemontese. In Italia il suo arrivo ha intaccato l'apicoltura ligure ed ha avuto pesanti conseguenze per la sicurezza pubblica e l'ambiente. La vespa asiatica ha dimostrato di essere un predatore aggressivo, con un impatto diretto sulla popolazione di api (Apis mellifera) e di altri insetti, ha creato un disequilibrio nell'ecosistema locale compromettendo la riproduzione delle piante che dipendono dall'impollinazione degli insetti.
Dalla Liguria ha iniziato a diffondersi nel cuneese mentre nella provincia di Torino i primi avvistamenti risalgono a ottobre 2023, dov'è stata osservata a Cavoretto. La potenziale area di espansione della specie è il Po, per le ricche fonti d'acqua a disposizione e le temperature sempre più miti degli ultimi inverni. Tramite il progetto Life STOPVESPA portato avanti dall'Università di Torino DISAFA è stata attivata una rete di monitoraggio per la raccolta di segnalazioni di nidi e individui che coinvolge la popolazione.
La nutria (Myocastor coypus) è stata importata in Europa dal Sud America, il suo paese di origine, come animale da pelliccia a partire dagli anni '20 del Novecento e in seguito a fughe e rilasci volontari dagli allevamenti si è naturalizzata in aree vaste. In Piemonte è presente lungo il Po e i suoi affluenti, in quanto animale legato alle acque dolci e tranquille di laghi, canali, paludi e fiumi nei tratti di pianura. Essendo un roditore può essere responsabile di danni alle coltivazioni agricole, il mais e il frumento sono le colture più attaccate ma ne possono essere guastate anche altre, come il riso o l'erba medica. Sono potenziale fonte di danneggiamento anche le arginature di fossi e di canali secondari per l'irrigazione, la nutria scava in queste strutture delle gallerie che utilizza come siti di riproduzione compromettendone la stabilità.
Qui sono consultabili i relativi strumenti di contrasto alla diffusione delle specie:
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