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La collina del Monte dei Cappuccini, sovrastata dalla chiesa di Santa Maria del Monte con l'annesso convento dei Cappuccini, si trova nei pressi della chiesa della Gran Madre di Dio e costituisce oggi uno dei luoghi e delle immagini-simbolo di Torino, elemento fondamentale dello splendido panorama cittadino che si gode da piazza Vittorio Veneto e dal Lungo Po.
Dall'IX secolo e fino al 1400 sul colle esisteva una fortificazione, detta "bastita" a difesa di Torino e dunque bersaglio di assalti e assedi. Nel 1473, venute meno le esigenze strategiche, la bastita fu convertita a beneficio feudale privato.
L'ultimo proprietario, appartenente alla famiglia nobile degli Scaravello, intorno al 1581 vendette il Monte al duca di Savoia Carlo Emanuele I. Il duca si attivò per insediare sul colle i Frati Cappuccini, per i quali fece costruire un convento ed una imponente chiesa.
Nel 1891 il Comune di Torino accolse favorevolmente la domanda del Club Alpino Italiano, che aveva richiesto di aprire una propria sede proprio sul Monte dei Cappuccini, in una parte dei locali del convento, vista l'alta panoramicità del luogo, con vista su quasi tutto l'arco alpino occidentale e su parte dell'Appennino Ligure, quando le condizioni meteorologiche sono favorevoli. Nel 1874 il Club Alpino Italiano inaugurò sul Monte una vedetta e un osservatorio, cui seguì, pochi mesi dopo, il 9 agosto dello stesso anno, l'inaugurazione del Museo Nazionale della Montagna, realizzato in alcuni dei locali del convento.
Sul colle le due istituzioni - Il Museo della Montagna ed il Convento dei Cappuccini con la Chiesa di S. Maria del Monte - riassumono i due volti di Torino: quello rivolto alla spiritualità e quello rivolto alla scienza ed alla montagna.
Fin dal Medioevo esisteva sulla sommità della collina una chiesetta, dedicata a Santa Maria. Nel 1584 Giacomo Soldati, ingegnere del Duca di Savoia, iniziò a progettare la trasformazione della fortificazione in chiesa. Il progetto, non realizzato dal Soldati, fu ripreso e largamente modificato dall'architetto Ascanio Vitozzi di Orvieto, che iniziò i lavori di realizzazione della chiesa verso il 1610. Dopo la morte del Vitozzi i lavori furono continuati da Carlo e Amedeo di Castellamonte, cui si devono anche le decorazioni. La chiesa fu ultimata nel 1637.
Di stile pre-barocco (o di transizione tra il Rinascimento ed il Barocco), la chiesa, a croce greca con terminazioni curvilinee, si presenta solenne a dominio della città e del colle. La cupola, in origine sferica e rivestita di piombo, fu per due volte privata del metallo: nel 1705 (assedio di Torino) e nel 1799 (occupazione napoleonica). Fu pertanto necessario sostituire il piombo, prolungando il tamburo ottagonale con una copertura di lastre di pietra. L'interno della chiesa presenta un presbiterio con un fastoso parato ornamentale, su disegno di Amedeo di Castellamonte. Il tabernacolo, del 1638, è di "mastro Luca Longo tedesco". L'apparato ligneo, detto la "Gloria", che sovrasta l'altare, suggerisce, nell'abbondanza di elementi compositivi e di volute, una paternità lombarda o luganese.
Il vano centrale della chiesa, a pavimentazione in pietra di Barge, si espande su due cappelle laterali, aventi medesima decorazione marmorea ad opera di Carlo di Castellamonte. La grande tela che campeggia sull'altare e che raffigura la Madonna che porge il bambino a San Francesco, alla presenza di San Lorenzo diacono e di un altro frate, è di Giovan Battista Crespi, detto il Cerano. Il dipinto originale è ora conservato nella Galleria Sabauda. Nella cappella di sinistra la tela raffigurante il martirio di San Maurizio è opera dell'atelier di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo.
Le quattro statue collocate ai lati delle cappelle raffigurano S. Antonio da Padova, San Felice da Cantalice, San Fedele da Sigmaringen e Santo Stefano da Montegranaro. Le prime due sono da attribuirsi a Stefano Maria Clemente. Le ultime due sono state eseguite con molta probabilità dalla bottega del Plura (1732).
Sotto la mensa dell'altare di San Maurizio riposano le spoglie di Sant'Ignazio da Santhià, vissuto per molti anni al Monte. Sotto la mensa dell'altare di San Francesco sono invece conservate le reliquie del piccolo martire romano San Botonto, provenienti dalle catacombe romane di Sant'Agnese e donate ai frati cappuccini torinesi nel XIX secolo dal papa Gregorio XVI. I quattro altarini ai quattro angoli della croce greca, sotto le nicchie vitozziane, sono stati disegnati da Benedetto Alfieri (1745-1747). La parte absidale della chiesa è occupata da un coro maestoso, con stalli seicenteschi disposti sui tre lati del grande vano rettangolare. L'alto schienale fu aggiunto nel 1845. In alto, sulla parete centrale, risalta un grande crocifisso ligneo del Seicento, attribuibile a Bartolomeo Botto.
Nel 1583, mediante la collocazione di una croce sul piazzale, si ufficializzò l'arrivo dei Frati Cappuccini sul colle, che da allora prese il nome di Monte dei Cappuccini.
I frati operarono spesso a favore della popolazione della città sottostante, con attività di assistenza di appestati (1630) e colerosi (1831, 1854, 1865). Non mancarono episodi di assedio al convento ed alla chiesa, come durante la guerra civile tra madamisti e principisti (1640) ed in due occasioni i frati furono persino espulsi dal convento, a seguito delle leggi di soppressione e riordino degli ordini religiosi napoleoniche (1802) e siccardiane (1867).
Nel 1842 Carlo Alberto fece aggiungere una nuova ala al convento, per usi infermieristici, che fu pertanto denominata "ala albertina".
Attualmente una parte del convento è sede della Curia Provinciale dei Cappuccini del Piemonte e della Val d'Aosta e casa di formazione per giovani frati. L'altra parte dell'antico convento ospita invece il Museo Nazionale della Montagna "Duca degli Abruzzi" unico nel suo genere in Europa e gestito dal Club Alpino Italiano.