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In passato era chiamata "salsa dei poveri" perché si utilizzavano avanzi di frutta e l'uva rimasta sui filari dopo la vendemmia. Oggi invece la mostarda d'uva - tipica in tutto il Monferrato e inserita tra i prodotti agroalimentari tradizionali riconosciuti dalla Regione Piemonte - sta guadagnando punti a tavola, abbinata a polenta, bolliti, formaggi oppure sotto forma di sorbetto ghiacciato.
Prepararla è un'impresa abbastanza lunga e laboriosa: al mosto (di uve barbera, nebbiolo, dolcetto, moscato) cotto sin quando non si è ridotto a un terzo, si aggiungono i frutti autunnali - mele cotogne, zucca, pere, fichi, prugne, noci, nocciole, scorza d'arancia e limone - lasciando cuocere per altre 4-5 ore. Una volta pronta, la mostarda d'uva ha la consistenza di una confettura, scura per la presenza del mosto e di sapore non piccante. Si conserverà per un anno se messa ancora calda in vasetti di vetro a chiusura ermetica, per tre anni se sterilizzata.